IL TEMPO SCORRE LUNGO I BORDI

.:Esplanade_a noisy blog:.

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Località: Bologna - italian corrupted place

RESPIRO,STUDIO,MANGIO,ASCOLTO,COMPONGO,OSSERVO,PENSO.

mercoledì, dicembre 20, 2006

Close to me, hungry for your touch...







ci sono emozioni e stati d'animo che non si possono descrivere, si può solo cercare di raccontare (con le immagini) qualcosa che si avvicina

giovedì, dicembre 14, 2006

Sento che non voglio chiudere il cerchio




ISTRUZIONI PER L'USO
1. Clicca al centro della finestra del video
2. Quando senti le prime note della canzone chiudi gli occhi
3.
Ascolta tutta la canzone senza vedere il video e lasciati trasportare dal suono...
4. Ripeti l'operazione guardando le immagini del video

Forse non sarà di tuo gradimento, forse non amerai questo genere di musica, forse non ti sarà simpatico l'omino protagonista del video...ma non puoi dire che quello che hai visto e sentito non ti ha trasmesso emozioni. In questo caso non ho antidoti contro la tua stitichezza emozionale.

Ho scelto di mettere questo video in apertura perchè l'ho visto e rivisto più volte, la canzone mi capita di ascoltarla più e più volte in questo periodo e più e più volte percepisco sensazioni diverse. Le canzoni dei Giardini di Mirò (ah, a proposito questa si chiama Trompso is ok) hanno la capacità di trasportarti in un non-luogo, sospenderti nel tempo e lasciarti attraversare dai suoni prima dolci ed ammaliatori, poi deflagranti e disperatamente comunicativi.
Devo dire che questa canzone in particolare ha la peculiarità (essendo strumentale) di lasciare libero spazio all'immaginazione [spesso quando ascoltiamo una canzone in italiano siamo portati ad immaginare la trama del testo e riprodurla nella nostra mente]. E così "Trompso is ok" si trasforma nella possibilità di viaggiare stando fermi.

A completare il tutto inserisco un piccolo testo che ho scritto 5 anni fa (sul mio quaderno degli appunti la scritta in fondo alla pagina recita: Bologna, 27 novembre 2001). In quel periodo ero molto drastico, al limite della pateticità, ma è forse un piccolo sassolino che non mi dispiacerebbe raccogliere tornando indietro...

-ALCHIMIE-

C’è o ci dovrebbe essere una virtù nell’essere felici di essere vivi o morti?
Quando si usa dire di essere passati a vita migliore, come ci si comporta? Tristezza, dolore, rassegnazione o speranza, fede o tranquillità? Come bi sogna essere per non convogliare nella comune visione della vita?
La vita implica gioie e dolori, fatiche e soddisfazioni, bene e male, bianco e nero, più e meno, riso e pianto, in una sola parola: emozioni.
Quanto le emozioni influiscono nei comportamenti, negli atteggiamenti, nel nostro quotidiano?
Si può quantificare il peso delle emozioni?
Credo che la vita sia la mia storia, l’emozione individuale non permeata da storie raccontate, ma dalla mia modesta esistenza.
“Sei come sei”, “Sei il protagonista della tua vita”, “Devi farla tu la tua vita” dicono gli altri a chi passivamente vede scrosciare veloci flutti di emozioni. La vita è una lotta, non ci sono vincitori né vinti alla fine, c’è solo la conferma che si può modificare il modificabile, ma non il destino. Il destino è il lato oscuro di ognuno di noi, il mostro divorante che si nutre di noi e accetta le nostre scelte cucendosele addosso a suo piacere. Le nostre sono azioni del tutto convenzionali, non decidiamo e non vogliamo un bel niente.

sabato, dicembre 09, 2006

Toccata e fuga di Mariano


Eh si, Mariano è ritornato in Italia (qui a Bologna) anche solo per pochi giorni. Tutto ciò ha provocato in noi che lo conosciamo uno shock non indifferente. Mariano ha trascorso 9 mesi a casa di Raf e Tom per espletare il periodo Erasmus in Italia. L'integrazione è stata ottima, piano piano è entrato in tutti i meccanismi, ha capito i ritmi, ha assecondato le nostre carenze. Diciamo che in nove mesi ci eravamo abituati a vedercelo sempre vicino; parlavamo, scherzavamo, suonavamo (evvai coi Radiohead, i Muse e i Sigur Ros!!!). Poi un giorno di fine luglio Mariano assume una faccia malinconica; è triste perchè sta per partire e ritornare nella sua Francia vice-campione del mondo.
Il giorno della sua partenza ricordo lacrime, abbracci e promesse. Si, Mariano ci annunciò che sarebbe ritornato entro la fine dell'anno. E così è stato. E' arrivato il 2 dicembre (la sera c'erano i Muse al Palamalaguti) col padre ed è andato via qualche giorno fa. I suoi capelli sono cresciuti molto, la dizione da italiano meridionale l'ha pressocchè persa, adesso al collo penzolava una collana da rapper statunitense (ma di quelli cattivi), e anche alla Playstation ho notato una certa flessione nella condizione.
E' strano come un rapporto instaurato per caso (se Mariano non andava ad abitare in casa con mio cugino non lo avremmo mai conosciuto) riveli poi un'amicizia genuina, sana e onesta. Io credo che non ci vuole molto per la manutenzione di un'amicizia, bisogna essere predisposti ad accettarla a 360° quest'amicizia e non nascondersi dopo le prime difficoltà. Non mi va di abbandonare i miei discorsi in pasto alla retorica e ai luoghi comuni sull'amicizia, preferisco restare con le belle giornate e i bei ricordi "marianeschi" ancora attaccati sulla pelle.

ps. Mariano, quando vuoi tornare, ti aspettiamo a braccia aperte

mercoledì, dicembre 06, 2006

Portrait of a post-modern guy


clicca per ingrandire

Qui di seguito un mio racconto che ho scritto un bel pò di tempo fa...


MA CHE CI FACCIO IO QUI?

Sono di ritorno da un’esperienza straordinaria, soddisfacente sotto alcuni punti di vista, ma sicuramente edificante sotto altri. Ma non è questo il punto focale della situazione. Ci sono giorni che trascorri in armonia con te stesso e in profonda rottura con il mondo che ti ruota intorno; altri giorni invece vivi tutto quello che ti circonda in modo sorridente mentre dentro di te si susseguono violente esplosioni dolorose. Il problema è che non mi sta mai bene nulla di quel che rappresento e che gli altri minano continuamente questo precario equilibrio. Se io sbaglio sono pronto a pagare, quando gli altri sbagliano non c’è speranza. Il problema non è nelle probabilità o nelle possibilità, tutto ruota attorno al modo d’essere individuale e a quello altrui. Le relazioni che legano il mio esistere agli altri sono un trambusto di prese di posizione sbagliate, di pregiudizi infondati, di sogni diametralmente opposti. Mi reputo lontano dal mondo, ma non da questo o da quel mondo, ma da tutti i mondi possibili. Questo perché ieri, oggi e sempre si è data una concezione molto approssimativa della parola VITA. Si danno per scontate emozioni profonde, si vive nel terrore delle piccole cose. Ognuno fa quel che può per gettare fango sul passato, sul presente, dilapidando denari utili per la costruzione del futuro. No, non credo che esista, sia esistito né esisterà mai un mondo di cui io possa sentirmi abitante. Quando ti ritrovi nell’angolo, sei un uomo che non può più osare, non può sognare, non può realizzarsi, non può più vivere.

Credo che ogni individuo si sia posto almeno una volta nella vita la domanda: “Ma che ci faccio io qui?”. Sembrano parole che bruciano nel tempo con l’aumento di una ferma presa di coscienza delle proprie potenzialità, ma la domanda resta ed acquista comunque un significato pregnante. Rappresenta un mettersi in discussione, una scelta di fronte a un bivio fuorviante. Ma induce pur sempre alla riflessione.

Quando una sera ci si ritrova di fronte a un bicchiere di birra, o quando si è di fronte a un compito apparentemente insormontabile, o quando si è al cospetto di una decisione che rischia di incrinare il rapporto con gli altri ecco che entra in noi la voglia del “non esserci”, la voglia di diventare invisibili. Non è immaturità o scarsa personalità, è uno stato incontrollabile, primordiale, oserei dire bestiale, che spesso celiamo dietro un sorriso amaro o sotto forma di parole troppo plasmabili alle orecchie di chi le ode. Togliersi da un qualcosa che comporta stress, smarrimento, disorientamento è una sensazione che, bene o male, prima o poi, si affronta. Chi può dire di avere sempre coraggio, sprezzo del pericolo imbarazzante quando si trova immerso in un contesto da cui è palesemente avulso o rispetto al quale non ha niente a che fare. Quando ci si sente un macigno sulla testa, un sentimento ci ravviva lo spirito. Si sprofonda nella “non-reazione”, nella vulnerabilità più assoluta e subentra la stupida superficialità.

“Non so che fare”, “non vorrei essere mai nato”, “non voglio decidere”. Il gioco delle forze ha prodotto a volte anche risultati poco piacevoli quando le forze si impadroniscono del cervello e, conseguentemente, della corporalità. Esserci o non esserci è solo una pura casualità. D’altronde basta tirare in ballo l’amletico dilemma “ESSERE O NON ESSERE” per capire che il valore delle cose è del tutto fittizio e provvisorio. Nessuno ha la sfera di cristallo per poter prevedere, prevenire o intuire quello che può capitare a un uomo in quindici secondi. E’ talmente vasto il campo delle probabilità che tutte le ipotesi sono vane. Studi, ricerche, approfondimenti, dibattiti sono tutti un bla-bla-bla, un’accozzaglia di elementi poco rilevanti ai fini della comprensione. Le strategie cadono inesorabilmente. Chi vuole stravolgere il mondo immergendolo in un mare acido per poi rimodellarselo a suo piacimento non sa che il mondo è un treno in corsa, un processo in via di evoluzione continua, una bomba gigantesca che un giorno imploderà portandosi dentro di sé tutti i suoi riluttanti moralismi. La lontananza dal mondo è un fenomeno psicologico, senza fisicità. Questo animo in bilico fra imprevedibilità ribelle e rassegnazione pacata induce a pensare che non ci potrà mai essere un mondo migliore possibile fino a quando ci sarà il piede dell’uomo. La mina vagante è proprio l’uomo, emblema dell’incoerenza e dell’incostanza, che propone verdi prati, trasparenti acque, la solidarietà fra i popoli. E poi annienta, devasta, distrugge, trasforma il naturale continuum della natura. Non posso crede in positivi giri di boa, sono sempre più vicino all’idea che tutto si deciderà con lo scontro finale fra i due uomini che resteranno soli sulla terra. Con il pugnale fra i denti e milioni di depositi di armi ultra-tecnologiche si contenderanno la supremazia sul pianeta.

Chi la spunterà avrà la possibilità di divertirsi su un mondo deserto, privo di umani e minacciato dall’invasione degli alieni.



ps. mi piace molto come scrivevo qualche tempo fa. Oggi non ho più lo stesso approccio, l'abnegazione e le improvvise necessità di scrivere...mah...