Portrait of a post-modern guy
MA CHE CI FACCIO IO QUI?
Sono di ritorno da un’esperienza straordinaria, soddisfacente sotto alcuni punti di vista, ma sicuramente edificante sotto altri. Ma non è questo il punto focale della situazione. Ci sono giorni che trascorri in armonia con te stesso e in profonda rottura con il mondo che ti ruota intorno; altri giorni invece vivi tutto quello che ti circonda in modo sorridente mentre dentro di te si susseguono violente esplosioni dolorose. Il problema è che non mi sta mai bene nulla di quel che rappresento e che gli altri minano continuamente questo precario equilibrio. Se io sbaglio sono pronto a pagare, quando gli altri sbagliano non c’è speranza. Il problema non è nelle probabilità o nelle possibilità, tutto ruota attorno al modo d’essere individuale e a quello altrui. Le relazioni che legano il mio esistere agli altri sono un trambusto di prese di posizione sbagliate, di pregiudizi infondati, di sogni diametralmente opposti. Mi reputo lontano dal mondo, ma non da questo o da quel mondo, ma da tutti i mondi possibili. Questo perché ieri, oggi e sempre si è data una concezione molto approssimativa della parola VITA. Si danno per scontate emozioni profonde, si vive nel terrore delle piccole cose. Ognuno fa quel che può per gettare fango sul passato, sul presente, dilapidando denari utili per la costruzione del futuro. No, non credo che esista, sia esistito né esisterà mai un mondo di cui io possa sentirmi abitante. Quando ti ritrovi nell’angolo, sei un uomo che non può più osare, non può sognare, non può realizzarsi, non può più vivere.
Credo che ogni individuo si sia posto almeno una volta nella vita la domanda: “Ma che ci faccio io qui?”. Sembrano parole che bruciano nel tempo con l’aumento di una ferma presa di coscienza delle proprie potenzialità, ma la domanda resta ed acquista comunque un significato pregnante. Rappresenta un mettersi in discussione, una scelta di fronte a un bivio fuorviante. Ma induce pur sempre alla riflessione.
Quando una sera ci si ritrova di fronte a un bicchiere di birra, o quando si è di fronte a un compito apparentemente insormontabile, o quando si è al cospetto di una decisione che rischia di incrinare il rapporto con gli altri ecco che entra in noi la voglia del “non esserci”, la voglia di diventare invisibili. Non è immaturità o scarsa personalità, è uno stato incontrollabile, primordiale, oserei dire bestiale, che spesso celiamo dietro un sorriso amaro o sotto forma di parole troppo plasmabili alle orecchie di chi le ode. Togliersi da un qualcosa che comporta stress, smarrimento, disorientamento è una sensazione che, bene o male, prima o poi, si affronta. Chi può dire di avere sempre coraggio, sprezzo del pericolo imbarazzante quando si trova immerso in un contesto da cui è palesemente avulso o rispetto al quale non ha niente a che fare. Quando ci si sente un macigno sulla testa, un sentimento ci ravviva lo spirito. Si sprofonda nella “non-reazione”, nella vulnerabilità più assoluta e subentra la stupida superficialità.
“Non so che fare”, “non vorrei essere mai nato”, “non voglio decidere”. Il gioco delle forze ha prodotto a volte anche risultati poco piacevoli quando le forze si impadroniscono del cervello e, conseguentemente, della corporalità. Esserci o non esserci è solo una pura casualità. D’altronde basta tirare in ballo l’amletico dilemma “ESSERE O NON ESSERE” per capire che il valore delle cose è del tutto fittizio e provvisorio. Nessuno ha la sfera di cristallo per poter prevedere, prevenire o intuire quello che può capitare a un uomo in quindici secondi. E’ talmente vasto il campo delle probabilità che tutte le ipotesi sono vane. Studi, ricerche, approfondimenti, dibattiti sono tutti un bla-bla-bla, un’accozzaglia di elementi poco rilevanti ai fini della comprensione. Le strategie cadono inesorabilmente. Chi vuole stravolgere il mondo immergendolo in un mare acido per poi rimodellarselo a suo piacimento non sa che il mondo è un treno in corsa, un processo in via di evoluzione continua, una bomba gigantesca che un giorno imploderà portandosi dentro di sé tutti i suoi riluttanti moralismi. La lontananza dal mondo è un fenomeno psicologico, senza fisicità. Questo animo in bilico fra imprevedibilità ribelle e rassegnazione pacata induce a pensare che non ci potrà mai essere un mondo migliore possibile fino a quando ci sarà il piede dell’uomo. La mina vagante è proprio l’uomo, emblema dell’incoerenza e dell’incostanza, che propone verdi prati, trasparenti acque, la solidarietà fra i popoli. E poi annienta, devasta, distrugge, trasforma il naturale continuum della natura. Non posso crede in positivi giri di boa, sono sempre più vicino all’idea che tutto si deciderà con lo scontro finale fra i due uomini che resteranno soli sulla terra. Con il pugnale fra i denti e milioni di depositi di armi ultra-tecnologiche si contenderanno la supremazia sul pianeta.
Chi la spunterà avrà la possibilità di divertirsi su un mondo deserto, privo di umani e minacciato dall’invasione degli alieni.
ps. mi piace molto come scrivevo qualche tempo fa. Oggi non ho più lo stesso approccio, l'abnegazione e le improvvise necessità di scrivere...mah...
20 Comments:
la cosa più brutta e più bella al tempo stesso credo sia il fatto che abbiamo un cervello. inizia a pensare,pensare,pensare e crea mille dubbi e mille false verità...io ho scritto un libricino incentrato sui dubbi...credo non ci sia soluzione.
p.s. ma che problema aveva la tua prof. del liceo? scrivi benissimo!
ciao
...lo sto leggendo il tuo libricino, giusy. il problema del pensare e dei dubbi che esso comporta è un vicolo cieco. Non se ne esce vivi.
ps. Sulla mia prof. non mi esprimo. Posso dire solo che mi ha insegnato il terrore pre-interrogazione.grazie, ancora grazie. Di cuore.
uagliuuuuuu vu avita studiaaaaaa (Petrosino docet)
Caro Esplanade, ho letto con molta attenzione quello che hai scritto, purtroppo ci troviamo immersi nella sfera delle relazioni sociali di cui facciamo parte e non possiamo sottrarci al sostrato di chiacchiere che ci avvolgono, il rischio è quello di diventari individui astorici come in una sorta di stato di natura!! Come diceva il mio amico O.Von Bismark... le relazioni si dominano e non si subiscono... l'alterità è un processo di riconoscimento e non di negazione!!!
Se non si capisce niente di quello che ho scritto, abbiate pazienza, lo capirete se vi sentirete "invisibili" e sarete stanchi di esserlo!!!
Con affetto silente... Giovanni
Antò bellissimo il "racconto". L'ho pure stampato me lo autografi la prossima volta che ci vediamo? Ci tengo
Antonio Cosenza
X Giovanni: hai impreziosito questo blog con la tua saggezza. quale onore!!!
X Antonio Cosenza: mitico!!!finalmente un tuo commento sul mio blog, grazie grazie grazie!
L'hai stampato? Vuoi che te lo autografi? Ma non sono la Littizzetto...:)
hai il mio libro? ma te l'ho dato io? non che mi dispiaccia eh,capiamoci,solo che se l'ho fatto non me lo ricordo
:(...vabbò...cmq voglio anche io una foto come quella del tuo post. come si fa?
il libro me l'ha passato marco un paio di mesi fa. lo trovo molto bello, lo sto leggendo cn calma...
per la foto è semplice: fai 4 foto + o - cn la stessa inquadratura e poi, col paint, le disponi due sopra e due sotto.x le due che son venute in blu ho usato l'INVERTI COLORE...et les jueux sont faits.
bella foto, bel racconto...davvero un bel modo di scrivere semplice e comprensibile. bravo. ciao!!!
-Greta-
paint? non credo di averlo e se ce l'ho non l'ho mai usato...uffa
:(
solitamente esce col pacchetto windows standard...sicchè dovresti averlo...se lo trovi è semplicissimo da usare...;)
desideri ancora di essere invisibile?di non essere mai nato magari...?
beh, sara, è una cosa che avevo scritto un bel pò di anni fa ormai. ti dirò che quel desiderio di invisibilità di tanto in tanto riaffiora anche oggi, a volte con un senso di imminente oppressione e altre volte con un violento odio di me stesso. Ma comunque spero di potertene parlare a voce..presto...
Ma che bel racconto! Dovresti renderne pubblici cdegli altri perchè procurano belle emozioni e fanno riflettere. Complimenti!
Irene
Wèèèèèèèèè!!!!!
Un salutone da Tiziana ed Elio!!!
Eccociiii!!!!
Stiamo leggendo piano piano tutti i tuoi post, sono bellissimi!
Appena riesci vieni a cena da noi?
Aspettiamo tue notizie.
Ciao!
ma quant'è bello quello che hai scritto? Hai sempre uno sguardo interessante e riflessivo su quello che ti circonda senza mai scivolare nella banalità. complimenti per il blog!
-annalisa-
Parole molto amare ma profonde. Mi piacerebbe qualche volta fare una chiacchierata con te davanti a una bella birra.
certo stoppì...io aspetto che kuto organizzi una bella seratina tranquilla..ank'io avrei piacere di chiacchierare cn te...speriamo tra non molto...
complimentoni G,bel racconto,ma che eri un ottimo scrittore già lo sapevo...l'inizio è alquanto pirandelliano,il finale..un pò tragico!..ma mi piace tanto!sarà il pessimismo che ci accomuna!
grazie a questo blog ho di nuovo la possibilità di leggere qualcosa di tuo e di spolverare una vecchia e non superata amicizia(spero)!
se tu fossi uno scrittore saresti uno dei miei preferiti!...ma io già lo sapevo!
ma quanti complimenti....
la nostra non potrà mai essere un'amicizia superata perchè siamo noi a dominarla. la mia speranza è che quello che scrivo riesca ad emozionare qualcuno regalando qualche piccola emozione. tutto qui.
Ciao!
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